Valentina Sumini, doppia laurea in Architettura (Costruzione) ed Ingegneria Edile presso i Politecnici di Torino e di Milano grazie all’Alta Scuola Politecnica, un Master in Management of Innovation all’Alta Scuola Politecnica e un dottorato in Conservazione dei Beni Architettonici
sempre presso il Politecnico di Milano. Nel corso dei suoi studi ha svolto numerose esperienze di ricerca in ambito internazionale presso l’Hyperbody Research alla TU Delft, l’Illinois Institute of Technology e il Massachusetts Institute of Technology, presso il quale collabora come ricercatrice dal 2016.
La sua attività di ricerca al MIT Media Lab, nel Responsive Environments Research Group e Space Exploration Initiative, è centrata sulla multidisciplinarità in quanto include architettura, design, ingegneria civile, ingegneria aerospaziale e progettazione computazionale per la definizione di architetture resilienti in ambienti estremi sulla Terra ma anche in orbita e su altri corpi celesti, come la Luna e Marte.
Durante la sua attività di ricerca ha collaborato con astronauti ESA e NASA ed è stata insignita di diversi riconoscimenti internazionali da agenzie spaziali come NASA, NASA Jet Propulsion Lab, NASA’s Translational Research Institute for Space Health (TRISH), ESA, università come MIT, Harvard, Yale e Politecnico di Torino e Milano, ed organizzazioni come Biennale di Venezia, Mars City Design, Architects R&D, AIAA Propulsion and Energy, FIDAPA BPW Italy, Federbeton, etc.
Infine, ha partecipato come invited speaker a prestigiose conferenze scientifiche internazionali e TEDx Talk nei settori di aerospazio, architettura ed ingegneria civile, ed eventi sulla sostenibilità come quella di Pianeta 2020 organizzata dal Corriere Innovazione. Attualmente svolge attività di R&D all’interno del Coesia Engineering Center. Da settembre 2020 ricoprirà il ruolo di Visiting Professor al Politecnico di Milano con il primo corso in Italia di “Architecture for Human Space Exploration” in cui si affronteranno le tematiche dell’abitare in sicurezza in spazi condivisi, confinati e fortemente problematici, come sarà per la Luna e Marte.
“Sicuramente nel mondo aerospaziale le donne di ispirazione sono molte, a partire da Katherine Johnson, Mary Jackson, e Dorothy Vaughan, protagoniste del film biografico ‘Hidden figures’, sino a Dava Newman, professore a MIT AeroAstro, Danielle Wood, professore a MIT Media
Lab, e Olga Bannova, professore a SICSA, Houston University. Nel mondo dell’architettura invece la prima ad influenzarmi nell’ambito della progettazione a scala architettonica e’ stata la mia mamma, che e’ riuscita a farmi appassionare al disegno sin da bambina lasciandomi colorare a matita le planimetrie, tanto da influenzare il mio percorso di studi. Nelle mie attuali ricerche sono invece molto ispirata dai progetti computazionali e bio-inspired di Zaha Hadid e Neri Oxman per la loro organicita’ che pare quasi trasformare l’architettura in natura”.
“Nel nostro progetto di insediamento umano sul pianeta rosso ci siamo ispirati alle foreste. Il progetto della Redwood Forest e’ un concept di un ecosistema urbano per 10,000 abitanti su Marte che nasce da un concorso di progettazione internazionale, indetto da Mars City Design. La Redwood Forest è stata progettata ad ispirazione della foresta, in particolare della foresta di sequoie secolari in California, in grado di usare le risorse locali per permettere lo sviluppo di una comunità. La citta’ prevede di collocarsi in un’inusuale depressione presente vicino al Polo Nord di Marte, Elysium Mons Depression, dove c’e’ una maggiore probabilita’ di trovare dei residui di ghiaccio sotterraneo. All’interno del cratere la foresta potra’ popolarsi attaverso un denso sistema di “alberi” interconnesso a diversi livelli, sia in superficie che nel sottosuolo. Proprio come gli alberi considerano l’acqua un elemento vitale per la crescita, anche il sistema di biosfere della Redwood Forest considera l’acqua un elemento essenziale che veicola risorse e protezione dalle radiazioni cosmiche. In ogni biosfera, l’acqua viene estratta dalla base delle” radici”, modellate a somiglianza dei
rizomi presenti nelle specie arboree, grazie al ghiaccio presente nelle rocce marziane (regoliti), e distribuita all’interno di ogni habitat, utilizzando le cavita’ presenti nel sistema di “rami” interni, fino a raggiungere la superficie esterna della cupola per schermare dalle radiazioni. L’albero ha significato anche dal punto di vista della robustezza e della resilienza in quanto il sistema di rami e radici aiuta la struttura ad ancorarsi in modo sicuro al terreno, controbilanciando il differenziale di pressione che esiste tra l’interno pressurizzato e l’atmosfera rarefatta esterna. Il complesso algoritmo che ho sviluppato per permettere una progettazione ottimizzata ed automatizzata dell’intera foresta, mi ha permesso di progettare anche il sistema di tunnel sotterranei per ogni albero in modo tale da estrarre le tonnellate di ghiaccio sotterraneo
necessarie (circa 46 mila tonnellate) per realizzare un’adeguata schermatura, di circa 1 metro di spessore, sull’intera superficie della biosfera. L’acqua, linfa vitale di Redwood Forest, scorrerà attraverso cisterne balneabili, incantevoli fontane, placidi canali, vasche d’acqua attraversabili a nuoto, fattorie idroponiche e laghetti inseriti all’interno dell’ambiente pressurizzato, cosi’ da ridurre per i futuri colonizzatori l’effetto straniante di un ambiente esterno fortemente ostile e difficile.
Grazie alla presenza dell’acqua e di una stratigrafia molto trasparente data dal polietilene e dal vetro, e’ anche possibile mantenere una certa trasparenza dell’habitat verso il Mars-scape. Proprio in quest’area della biosfera, sono stati predisposti i servizi pubblici, legati alla collettivita’, e le serre, mentre tutte le aree private sono nei tunnel sotterranei, protette dal rischio di impatto micro-meteoritico e dalle variazioni termiche estreme. Il sistema di connessioni ramificate nel sottosuolo si integrerà con sistemi robotici automatizzati che processano, immagazzinano e distribuiscono le risorse indispensabili per la vita. In seguito abbiamo anche integrato questo studio con un ecosistema serra, Mars Garden, in connessione con l’habitat, grazie alla NASA BIG Idea Challenge. La progettazione di questo spazio e’ risultata estremamente importante non solo per la produzione dei nutrienti essenziali per il sostentamento della vita umana su Marte ma anche per offrire la possibilita’ agli astronauti stessi di dedicare del tempo a contatto con la natura. Ovviamente il sistema della serra sara’ quasi interamente automatizzato attraverso una necessaria componente robotica ma pensiamo sia importante specialmente dal punto di vista psicologico mantenere il rapporto privilegiato che abbiamo con le piante qui sulla Terra anche su Marte”.
“La sfida principale e’ ricreare una condizione di sicurezza, protezione e benessere in un ambiente alieno, lontano ed estremo. E’ una realta’ che certamente riflette una profonda complessita’ sia dal punto di vista
psicologico, data la lontananza dal pianeta Terra e il possibile senso di alienazione per la necessita’ di vivere in un luogo confinato e non in contatto con l’esterno, che fisiologico, considerata la presenza di elementi estremamente pericolosi per la vita umana. Inoltre, data la grande lontananza dal nostro pianeta, diventa impossibile immaginare di ricreare rifornimenti dalla Terra. Tutto quello che servira’ per il sostentamento della vita umana su Marte dovra’ essere estratto e prodotto sul pianeta stesso. Mi riferisco all’acqua, alla regolite marziana (lo strato di terreno e frammenti rocciosi che ricopre il pianeta rosso), all’ossigeno, alla crescita di una vegetazione idonea a generare un sistema nutrizionale adeguato alle esigenze dei futuri abitanti. L’habitat stesso dovra’ essere realizzato prima ancora dell’arrivo degli utenti, quindi in remoto e con sistemi interamente automatizzati. Tutte le sonde che sono state inviate su Marte, in particolare quella geognostica InSight della NASA, sino a quella che verra’ lanciata tra pochi giorni, Perseverance, ci fanno sperare che in un futuro non troppo lontano sara’ possibile attivare anche processi di estrazione delle risorse in situ (In Situ Resources Utilization) e di costruzione vera e propria. In un’altro progetto NASA (RASC-AL Mars Ice Challenge 2018) ho avuto modo di cimentarmi nella difficile progettazione e prototipizzazione di un sistema automatizzato di estrazione del ghiaccio presente nel sottosuolo marziano, a profondita’ variabile a seconda della latitudine, per ricavare acqua utile sia per la vita che per schermare dalle radiazioni cosmiche”.
“L’uomo del futuro dovra’ necessariamente porre molta piu’ attenzione all’ecosistema nel quale vive. Mi riferisco al nostro preziosissimo pianeta Terra. Il mio auspicio e’ che tutte le strategie, innovazioni e ricerche che stiamo sviluppando, anche se rivolte all’esplorazione spaziale ed extra-planetaria, vengano finalizzate nell’immediato alla salvaguardia dell’ambiente che ci circonda e ad un utilizzo molto piu’ virtuoso delle risorse che abbiamo a disposizione per permettere alle nuove generazioni di sognare un futuro sostenibile, prima di tutto sul nostro pianeta. Al momento la mia attivita’ di ricerca si sta rivolgendo anche a temi legati al packaging e alla circular space economy, applicando tutto il mio know-how su sistemi di ottimizzazione multi-obiettivo per la progettazione di spazi abitativi e design legati allo “Human Spaceflight” per riconnetterci a una progettazione che rispetti i 17 obiettivi di sviluppo dell’Onu, i “Sustainable development goals” dell’agenda 2030 (anno per il quale stiamo al contempo progettando un Moon Village con l’ESA). Inoltre, ritengo che la formazione sia di importanza fondamentale e, per questo aspetto, sono infatti molto lieta di aver l’opportunita’ di insegnare il primo corso in Italia di Architecture for Human Space Exploration al Politecnico di Milano dove si affronteranno tematiche relative alle sfide nel progettare per lo spazio e, questo vuol anche dire imparare a trasformare le diverse condizioni ambientali (temperatura, diversa pressione atmosferica e diversa gravità, quindi diversa configurazione di carichi e parametri strutturali, …) in nuovi e talvolta controintuitivi vincoli progettuali“.
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