Quello del Volto su Marte è un affascinante – e probabilmente più conosciuto – fenomeno pareidolico che ha avuto inizio nel lontano 1976, quando la sonda della NASA Viking 1, catturò una conformazione rocciosa dal diametro di 764 km, nella zona di Cydonia Mensae.
I chiaroscuri, l’inquadratura e la risoluzione fotografica dell’epoca (nulla di paragonabile a quella di oggi) furono i fattori che contribuirono a creare l’effetto per il quale tutti (o quasi) giurarono di vederci un volto. Il filmato che segue mostra come, nel corso dei decenni, siamo stati in grado di vederci chiaro grazie allo sviluppo tecnologico.
Scattata il 25 Luglio del 1976, la NASA pubblicò lo scatto sei giorni dopo: gli scienziati spiegarono da subito che si trattava di un effetto ottico dovuto ai fattori elencati prima, ossia scarsa risoluzione, chiaroscuri e inquadratura. La pareidolia infatti è quella tendenza del cervello umano a riconoscere motivi familiari e volti anche lì dove non ci sono.
La foto fu scattata con il Sole basso sull’orizzonte marziano e il caso volle che un’interruzione nella trasmissione dati inviati sulla Terra dalla Viking 1 creò una macchia nera esattamente in corrispondenza dell’ipotetica narice. Ma non passò molto tempo dal sentire le diverse teorie, da ogni angolo del mondo, secondo le quali il volto non sarebbe altro che una struttura artificiale, come un monumento, realizzato da forme di vita intelligenti.
Di queste teorie quella che divenne più nota, ricevendo anche una grande copertura mediatica, fu quella di Richard Hoagland, principale sostenitore di questa teoria.
Hoagland pubblicò un libro nel 1987 intitolato “The Monuments of Mars: A City on the Edge of Forever”, in cui interpreta altre caratteristiche circostanti della superficie marziana come presunti resti di una città in rovina e di piramidi; oltre lui famosa fu la teoria dello scrittore azero Zecharia Sitchin, che sostiene che vi sono riferimenti a questa formazione marziana nella letteratura sumerica.
Non che ce ne fosse reale bisogno… ma a tal punto gli stessi scienziati, incuriositi, risolsero il “mistero” con missioni successive. Mars Global Surveyor smentì categoricamente questa ipotesi, realizzando immagini ad alta risoluzione che svelava la reale forma dell’oggetto: una comune formazione rocciosa.
Nel 2006 la missione dell’ESA, Mars Express, pose definitivamente fine alla questione grazie a scatti ad altissima risoluzione dove il singolo pixel copre una dimensione di 14 metri.
Nella cultura popolare il Volto su Marte ricevette grande notorietà, anche grazie al cinema: tra le più note si annovera il romanzo di fantascienza “Labyrinth of Night” di Allen Steele, il film “Mission to Mars” (2000) di Brian De Palma e una puntata della prima stagione della serie X-Files.
Nella foto in evidenza il “Volto su Marte”: a sinistra la foto del 1976 della sonda Viking 1. A destra lo scatto della sonda Mars Global Surveyor del 2001
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