“Equipaggiato dei suoi cinque sensi, l’uomo esplora l’universo attorno a lui e chiama l’avventura scienza”. Queste parole emozionanti quanto toccanti sono quelle pronunciate dall’astronomo e astrofisico americano Edwin Powell Hubble.
Medaglia d’oro della Royal Astronomical Society, gli è stato dedicato un cratere sulla Luna del diametro di 80 km e un asteroide, Hubble 2069. Tutti però ricordiamo il suo nome per un oggetto in particolare: il telescopio spaziale della NASA, il cui lancio compie quest’anno trent’anni.
Lanciato con la missione STS-31, a bordo dello Shuttle Discovery, l’Hubble Space Telescope ci ha regalato – e continua a regalarci – scatti mozzafiato e scoperte incredibili che abbiamo appena visto in questo filmato.
Ma come mai la NASA decise di dedicare un telescopio spaziale a questo astronomo? La sua scoperta principale, quella che insieme del suo assistente Milton Humason lo consacrò nel 1929, è quella della “legge empirica spostamento verso il rosso/distanza”, conosciuta oggi come la “legge di Hubble”, che riconosce l’esistenza di una “relazione lineare tra lo spostamento verso il rosso della luce emessa dalle galassie e la loro distanza”: tanto maggiore è la distanza della galassia e tanto maggiore sarà il suo spostamento verso il rosso. Ma non è tutto.
Hubble frequentò l’Università di Chicago dove studiò la matematica e l’astronomia, completando gli studi nel 1910; in seguito fu borsista Rhodes presso il The Queen’s College ad Oxford, dove studiò legge e ricevette un diploma Master. Ma la sua per le stelle era una vocazione indissolubile e passò all’Osservatorio Yerkes dell’Università di Chicago, dove conseguì il dottorato nel 1917.
Dotato di talento, Hubble fu notato da George Ellery Hale, il fondatore e direttore dell’Osservatorio di Monte Wilson della Carnegie Institution, a Pasadena, che gli offrì un posto nel suo staff. Posto che l’astronomo occupò fino alla sua morte per infarto nel 1953. Qui Hubble poté usufruire del Telescopio Hooker da 100 pollici, appena completato.
L’Hooker era il più potente telescopio al mondo all’epoca e grazie al suo impiego Hubble stabilì che gran parte delle nebulose a spirale, osservate i con telescopi disponibili e meno potenti, non facevano parte della nostra galassia come si riteneva prima di quel momento, ma erano esse stesse galassie, poste al di fuori della Via Lattea.
Hubble lo capì osservando per la prima volta la stella V1 calcolando la distanza con sufficiente precisione da poter smentire la teoria precedente teoria sull’appartenenza di queste nebulose alla nostra galassia. Una scoperta rivoluzionaria, datata 30 dicembre 1924, che fece di Hubble una sorta di Galileo moderno.
Con questo strumento lo scienziato misurò anche i redshift (lo spostamento verso il rosso) delle galassie e qualche anno più tardi, la legge di Hubble citata prima che portò al concetto di universo in espansione. Una scoperta importantissima perché portò, in seguito, alla formulazione della teoria del Big Bang di Georges Edouard Lemaître e George Gamow.
Anche Albert Einstein, che nel 1917 aveva avuto gli stessi risultati di Hubble nella sua Teoria della relatività generale, rimase affascinato dalla figura dell’astronomo americano; Einstein però, che non volle accettare le implicazioni cosmologiche che potevano conseguirne introducendo nelle equazioni una costante cosmologica, si pentì in seguito – dopo essere venuto a conoscenza della scoperta di Hubble – affermando che quella costante era stata l’errore più grande della sua vita.
Dulcis in fundo, Hubble, inventò un sistema di classificazione per le galassie: esse vengono raggruppate in base a contenuto, distanza, forma, dimensione e brillantezza. Può bastare a farsi dedicare un telescopio dalla NASA?
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